Un progetto nato per riscoprire uno dei quartieri perferici più storici di Torino, oggi sede di tantissime associazioni e iniziative che contribuiscono a renderlo una realtà viva e vitale
Non solo centro e collina. Torino dovrebbe andare orgogliosa delle sue periferie, quelle che per anni hanno contribuito attivamente a costruire una forte identità urbana e che ancora oggi costituiscono la vera ossatura della città. Se da un lato le bellezze del centro storico o gli scorci panoramici del Lungo Po sono ciò che ha permesso di mostrare al mondo, a partire dalle Olimpiadi invernali del 2006, quanto meravigliosa sapesse essere Torino; è importante non abbandonare le zone meno cariche di attrazioni turistiche, e ricordarsi che anche la periferia sa essere bella, interessante, viva. Come Barriera di Milano (per tutti, anche solo “Barriera”. Per i piemontesi doc, “Beriera 'd Milan”), uno degli storici quartieri operai della città. Un quartiere fortemente identitario, che ospita da sempre le popolazioni più disparate, che arrivano a Torino in cerca di fortuna, e che ha saputo costruire sul suo meltin' pot di lingue ed etnie un equilibrio fatto anche di grande partecipazione e di moltissimi progetti territoriali di inclusione. Un quartiere che, come tutti i quartieri così, insegna, anche duramente, a crescere, facendo parte della formazione di chiunque ci abbia vissuto. Come dice Alessandro Perissinotto, bravissimo scrittore torinese, “Barrierante non è un'etichetta, è un tatuaggio che ti porti sulla pelle per tutta la vita”. Le origini del quartiere – e quelle del suo nome - risalgono al 1853, quando tutto intorno alla capitale sabauda venne eretta la cinta daziaria, il lungo muro per il controllo doganale delle merci, interrotto da alcuni varchi comunemente chiamati “barriere”. Quella situata in corrispondenza dell’attuale piazza Crispi era anche il luogo da cui partiva la Strada Reale d’Italia, che collegava Torino al capoluogo lombardo. È lì che nei primi anni Sessanta inizia un pezzo dello sviluppo industriale della città, in contrapposizione con il grande quartiere di Mirafiori Sud, totalmente occupato dalla Fiat. A Barriera sorgono, ad esempio, la Fiat Grandi Motori, l'industria di pneumatici Ceat, e lo stabilimento della storica azienda del caffè torinese, la Lavazza. Tutto intorno a queste realtà industriali, come è naturale, prende forma anche il tessuto sociale, con le famose case di ringhiera, i ballatoi, i cortili e le botteghe. Ma anche i luoghi di ritrovo, dal mercato alle piole, dai cinema alle balere, che hanno caratterizzato la vita di Barriera per tutto il Novecento, e che ancora oggi resistono forti della loro storicità e di un tessuto urbano molto compatto e incredibilmente vissuto dai residenti di zona. Quindi, che non si dica che Barriera di Milano non è un quartiere da (ri) scoprire. Per farlo è partito da poco il progetto “A Barriera c'è il mare” (il nome è ispirato al racconto breve di Laura Sciolla, “A Torino c'è il mare”), pensato proprio per mostrare il lato migliore di questa storica zona torinese. Una mappa turistica e un sito internet (www.turinbarriera.it) che raccontino ai visitatori le tante ricchezze del quartiere, con una selezione di oltre settanta luoghi consigliati dagli abitanti: edifici ex industrali, trattorie (le famose“piole”piemontesi, quelle più veraci e poco conosciute), spazi dedicati all’arte, interventi di rigenerazione urbana, edifici liberty, musica jazz, elettronica ed emergente, piatti etnici e gastronomia regionale. Tra i luoghi consigliati dal progetto, i Bagni pubblici di via Aglié, ad esempio, che ospitano la Casa del Quartiere di Barriera di Milano, con un bistrot (“Acqua Alta”) e una serie di progetti culturali che cercano di mettere in luce quanto la multietnicità della zona sappia essere una risorsa: rassegne teatrali e musicali, presentazione di libri e mostre temporanee, vendita di oggetti artigianali e laboratori artistici. O i Docks Dora (via Valprato 68), spazio che ha saputo vivere molte vite e che, di passaggio in passaggio, ha accresciuto il suo grande fascino: scalo ferroviario per lo stipaggio delle merci prima, luogo di ritrovo per la Torino underground negli anni '80-'90, oggi è uno spazio creativo decisamente alla moda, con sale di registrazione, showroom di moda, studi di artisti e architetti. O ancora, la Cascina Marchesa di corso Vercelli 141, dei cui fasti settecenteschi è oggi rimasto il loggiato in stile neo classico. Oggi la struttura ospita un polo culturale e, nel cortile esterno, opere murarie dedicate al tema della legalità. E poi, gli edifici liberty, così tipici di alcune zone di Torino e così inaspettati qui, che invece abbelliscono la zona tra corso Vercelli e via Verres. Oppure, le piccole case d'epoca dello storico Borgo Regio Parco, il borgo sorto intorno alla Manifattura Tabacchi che ancora conserva intatto il suo carattere ottocentesco, con le piccole case basse che raccontano un quartiere agli inizi, ancora immerso tra campi, prati e cascine. E ancora, il Bunker di via Paganini 0/200, un immenso spazio di sperimentazione multidisciplinare, realizzato dalla riconversione dei capannoni industriali dell'ex Scima, che oggi è un fulcro della vita notturna della città, e ospita performance di street art, concerti di musica elettronica, mercatini vintage e una scuola di circo. Per i più giovani e nottambuli c'è anche lo Spazio 211 (via Cigna 211), storico locale della cultura underground torinese dedicato alla musica live. Insomma, le occasioni di scoprire un quartiere che non vi aspettavate, anche se siete torinesi da sempre, non mancano davvero. E sarebbe ora di credere ai consigli di chi vi dice che Barriera è un mondo in grande fermento, uno spazio che meglio di tanti altri ha saputo valorizzare le proprie qualità e costruire una rete di relazioni solide e propositive. Oltre a suggerire tutti questi luoghi sparsi sul territorio (e divisi in sezioni: da “Mangiare e bere”, a “Relax” a “Made in Barriera”), il progetto “A Barriera c'è il mare” suggerisce anche sei itinerari d'autore, sei percorsi reali e sentimentali nel quartiere proposti da chi quel quartiere lo ha vissuto da sempre. La firma di questi sei “viaggi” per le strade di Barriera la mettono Alessandro Bulgini, artista che “celebra Barriera come opera d'arte vivente”; Marco Magnone, scrittore che definisce Barriera “Una città nella città, dove la luce connette cosa siamo stati a cosa potremmo diventare”; Margherita Oggero, scrittrice e insegnante in pensione, che alla scuola elementare Aristide Gabelli di Barriera “ha imparato, grazie a una brava maestra, metà delle cose che sa”; Paolo Coccorese, giornalista de La Stampa, il “cronista di Barriera” che spesso, per lavoro, è portato a evidenziare le “cose brutte” del quartiere, mentre con questo progetto ha finalmente avuto occasione di parlare delle cose belle; Valentina Farassino, architetto e figlia di Gipo, il chansonnier “zingaro di Barriera”, che ricorda la bellissima sala del locale Le Roi, firmata da Mollino; e infine Vito Miccolis, musicista che propone un itinerario all'interno dei cortili, con un occhio a quei ballatoi che ospitano, alternatamente, parabole e panni stesi ad asciugare. Eccola, la Torino più vera. Ecco Barriera di Milano.
Millo, il writer “buono” di Barriera
Se siete abituati a prendervela con chi scrive e disegna sui muri di vie e case, preparatevi a cambiare idea. Lunga vita (e una lunghissima produzione artistica), ad esempio, ai writer e agli street artist, che rendono più belle alcune realtà urbane, spesso un po' grigie e tristanzuole. Tra questi c'è Millo, artista vincitore del concorso B.Art, Arte in Barriera, con il progetto “Habitat”. È lui che, con questa iniziativa promossa dal Comune di Torino, ha trasformato tredici facciate cieche di Barriera di Milano in altrettante opere di arte pubblica. Un tour tra giganteschi disegni urbani in bianco e nero, bellissime rappresentazioni di come la città può essere più bella, se raccontata con un pizzico di creatività in più.
di Valentina Dirindin