di Davide Fantino
La popolazione di Facebook è invecchiata piuttosto velocemente: ad agosto 2018 la percentuale di under24 è identica a quella degli over 55 e quasi 6 utenti su dieci hanno più di 35 anni. In 14 anni di vita il social network di Mark Zuckerberg ha visto crescere gli ingressi da parte di una fascia d’età più alta ma ha dovuto fronteggiare la crisi dovuta alla fuga dei più giovani verso social meno invasi da genitori e occhi indiscreti, con un tipo di contenuto più congeniale a loro.
I servizi di messaggistica privata sono tra i canali preferiti per la comunicazione tra i più giovani, Whatsapp ad esempio ma anche Facebook Messenger, dal momento che ormai veicolano ogni contenuto multimediale e non consentono solamente un dialogo one-to-one ma con i gruppi permettono di parlare contemporaneamente a tutti i membri della propria cerchia di amicizie.
Snapchat all’inizio
Sempre ad agosto 2018 la fotografia che mostra gli utenti di Snapchat in Italia è il negativo ideale di quella precedente di Facebook. Il pubblico della app di messaggi a tempo, la prima a introdurre il concetto delle Stories che durano solamente 24 ore, è composta al 72% da under24 e vede una netta prevalenza di donne rispetto agli uomini. Sia Google sia Zuckerberg hanno provato a comprare Snapchat quando ancora era una giovane start up: non riuscendoci, il creatore di Facebook ha percorso la strada alternativa. Lo ha copiato, introducendo le Stories proprio per parlare al pubblico dei più giovani.
Instagram… o Sciuragram?
Più che Facebook dove le stories non hanno un grande utilizzo, è stato Instagram a saccheggiare con successo l’idea. Il social delle immagini ha tutte le caratteristiche per adattarsi alla formula del contenuto “usa e getta”. E in effetti, andando ad analizzare i dati statistici, si vede che sono proprio gli utenti tra 15 e 24 anni a essere i maggiori fruitori dell’app tra gli 11 milioni italiani che la utilizzano (e il 75% fa uso proprio dei contenuti a tempo delle Stories). Tuttavia, è evidente che anche Instagram sta progressivamente invecchiando: il fenomeno “Sciuragram” (donne di classe avanti con l’età che diventano icone di stile), dimostra che non c’è operazione anti aging che online funzioni a lungo. Se i giovani sono ancora ben rappresentati, è plausibile ipotizzare che i futuri utenti cominceranno a interessarsi direttamente a un altro tipo di esperienze.
Arriva Zepeto
Come ad esempio Zepeto, che in realtà recupera un’impostazione che ricorda ai più l’esperienza di Second Life o Sims: ogni utente crea un proprio avatar le cui caratteristiche possono essere personalizzate tramite l’acquisizione di diversi accessori. L’alter ego virtuale entra in relazione con gli altri utenti della app all’interno di un mondo che ha le fattezze di un cartone animato ma le cui dinamiche ricordano quelle reali della vita di tutti i giorni. Se tra gli over25 Zepeto è un oggetto misterioso di cui poco si è sentito parlato, sta invece spopolando tra i teenager di tutto il mondo: quello che piace è proprio quel mondo pre Facebook dove tutto era possibile, o inventabile. Funziona non per la vanità ostentata, nemmeno per il consenso ricercato, ma per la costruzione di un’identità di fantasia che rispecchia desideri e auto aspettative Sviluppata da Snow, un’azienda dalla Corea del Sud, è tra le app più scaricate attualmente in tutto il mondo: in Italia a inizio febbraio era prima in assoluto, con un picco record tra gli utenti tra 14 e 19 anni.
Quello che preoccupa però gli esperti, soprattutto per il suo target di riferimento, è l’utilizzo che fa dei dati raccolti. È infatti scattato l'allarme privacy: diversi media di settore riportano la notizia che attraverso l'accettazione dei termini di servizio presenti soltanto in lingua coreana, si acconsente a condividere con alcune aziende i propri dati compresi l’indirizzo IP, il numero di telefono e l’indirizzo email. Altro rischio che sembra emergere è l’assiduo utilizzo da parte dei giovanissimi: la realtà parallela di Zepeto diventa un’esperienza immersiva, anche per 6-7 ore al giorno, così da diventare un sostituto della vita reale o da farla percepire in maniera distorta, più simile al gioco che alla quotidianità che dovrebbe essere propria di un teenager. Di certo a qualcuno è piaciuta da subito: ancora Mark Zuckerberg ha provato a comprarla nel 2016, quando ancora era un ingenuo sistema di messaggistica e di scambio sticker. Come per Snapchat, anche in questo caso la risposta del suo founder, Hae-Jin Lee, fu un secco No.