Claudio Bisio

C’è tutto da ridere

Non perde mai la voglia di scherzare il comico milanese, soprattutto se si parla dei suoi attuali compagni di viaggio in televisione

La seconda edizione di Italia’s Got Talent si avvicina velocemente alla finale. Tra i giudici dello show in onda sul canale 8, Claudio Bisio è il più chiacchierone, caotico, poliedrico e navigato nel ruolo, anche se la conduzione di Zelig aveva presupposti diversi ma prevedeva ugualmente un ruolo di scouting per quanto riguarda i comici. Il suo volto chiama la risata, i suoi silenzi con gli occhi sgranati sono altrettanto divertenti, i suoi fuori programma attesi come e più delle esibizioni dei concorrenti. Nemmeno le recenti ammaccature in seguito a una caduta dalla moto hanno scalfito il suo buonumore. Forse la domanda che lo rabbuia di più è quella relativa all’allenatore del Milan. Lo sguardo preoccupato di fatto anticipa il triste destino di Sinisa Mihajlovic, «ma credo che le colpe maggiori siano della società».

Claudio Bisio, con quale spirito sta affrontando la stagione di Italia’s Got Talent?

«Qualcosa è cambiato rispetto alla precedente edizione. Diciamo che ho cercato di essere un pochino più rigoroso nei giudizi, ecco. Durante l’edizione 2015 ci hanno detto che siamo stati sin troppo buoni, oddio non è il caso di Nina Zilli che era str… pure l’anno scorso, ma noi giudici in generale abbiamo puntato a una maggiore severità».

C’è stato qualche altro cambiamento sostanziale?

«Mi terrorizzava anche avere accanto a me nel banco dei giudizi Luciana Littizzetto: quando era lontana potevo lanciarle le biro e farla franca, adesso non mi posso più nascondere. Comunque devo dire che da vicino fa meno male di quanto pensassi. Non morde».

Che tipo di artisti avete visto e giudicato sul palco (le puntate della trasmissione in onda su 8, il nuovo canale in chiaro del gruppo Sky, sono registrate fino alla finale n.d.r.)?

«C’è stata una decisa evoluzione da questo punto di vista. Abbiamo assistito a poche esibizioni intermedie, di quelli che vorrebbero ma non possono: dei trecento selezionati che abbiamo visto direttamente noi quattro, c’erano soltanto le eccellenze o chi era chiaramente venuto per farsi dire un bel No senza rimpianti o aspettative».

Parliamo dei compagni di viaggio in questa esperienza.

«Nina Zilli ha dalla sua la competenza in ambito musicale e la severità dei giudizi che ci ha un po’ contagiato tutti. Luciana Littizzetto mi ha stupito nel tempo perché è proprio diversa da quello che fa normalmente quando si esibisce: appare da giullare, da rompitutto, invece è molto più matura e coscienziosa. Frank Matano… che dire di Frank: gli voglio bene, è la gioventù più bella e sana, vorrei che i miei figli diventassero come lui. Fa parte di quei ragazzi che nella vita ci provano e ci riescono anche».

L’esperienza più assurda vissuta sul palco della trasmissione?

«Sono solito fare delle scappatelle sul palco e quest’anno mi è capitato il confronto con uno sciamano. Diciamolo chiaramente: tuttora non ho capito se era un pazzo o uno vero, sembrava un freak e l’ho pure preso in giro all’inizio. Ti leggo l’anima, mi ha detto. Sono andato da lui e ha cominciato a recitare una specie di litania, un bunga bunga…. No! Bunga bunga no! Comunque, faceva cose strane: sono stati 100 secondi molto particolati. Non dico che sono caduto in trance, ma ho sentito qualcosa dentro, delle vibrazioni mentre lui cantava, anche abbastanza bene. Insomma, mi è passata la voglia di fare lo spiritoso».

Che cosa le piace di questa dimensione da talent scout?

«Intanto non mi è completamente nuova. A Zelig, di fatto, cercavamo di lanciare gente brava a far ridere il pubblico. Il bello è proprio questo: scovare qualche fenomeno. Diciamolo sottovoce: Checco Zalone da dove viene? O no?!».

C’è qualche talento della comicità ancora in gara?

«Due o tre che possono emergere ci sono, oltre a quelli capaci in altre discipline che mi appartengono meno come percorso artistico personale e che lascio giudicare meglio ai miei colleghi».

Che cosa la aspetta dopo Italia’s Got Talent?

«Ricomporrei volentieri, ricomporrò chissà, la coppia con Matano per il seguito del film “Ma che bella sorpresa” (Io mi auguro sempre di fare qualcos’altro con Claudio, magari anche solamente una cena, gli fa eco Matano). Ci stiamo lavorando: leggiamo, scriviamo, aggiustiamo, tanto poi a Valsecchi non piace niente! Scherzo… Potrebbe anche esserci un talent dedicato ai comici, una sorta di spin off di Italia’s Got Talent con Luciana, ma vediamo come andrà il futuro».

Emergere nel mondo dello spettacolo è questione di fortuna?

«Non basta solo la fortuna. Esistono delle scorciatoie forse, dei percorsi che possono dare un’accelerata come uno show televisivo dedicato, ma se uno ha del talento vero prima o poi arriva. Magari ha perso un treno, ma ce n’è sempre uno dopo per lui. Non credo all’adesso o mai più».

Un “No” che ha ricevuto nella vita e che le ha fatto male.

«Da Michelle Hunziker, ma non vi posso dire che cosa le avevo chiesto». E ride di gusto.

Ha parlato di Frank Matano come un figlio ideale. Lei che padre è?

«Navigo a vista. Non si nasce imparati su un argomento del genere. Se dovessi ricominciare nel ruolo di padre adesso, farei cose completamente diverse ma forse no, perché non è detto che uno riesca a fare meglio. In generale, ci provo».

A fine marzo è stato a Torino invitato da Luciana Littizzetto per condividere la sua esperienza legata alla disabilità e al disagio sociale raccontata nel film “Si può fare” e per sostenere la Onlus CasaOz. Che esperienza è stata?

«Intanto c’è la soddisfazione di aver girato il film, qualche anno fa ormai: la sua forza sta soprattutto nel fatto che è una storia vera. Racconta la nascita della cooperativa Noncello, vicino a Pordenone. Ho avuto la fortuna di conoscere i veri protagonisti di quella storia, compreso il sindacalista da me interpretato. E il film narra, senza retorica, senza ideologismi, senza nasconderne le difficoltà, una battaglia vinta. Davvero non ci poteva essere titolo migliore. Queste realtà sono a volte tacciate di utopia, di buone intenzioni che difficilmente riusciranno a realizzarsi. E invece questo film dice che davvero si può fare ed è stato bellissimo riuscire a vederlo tutti assieme e contribuire così a sostenere la Onlus CasaOz».

di Davide Fantino

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