Gary Dourdan: bello e possibile

Da CSI alla musica, il bell'agente della scientifica dagli occhi di ghiaccio è a Torino per presentare il suo primo disco: suonerà il 21 maggio al Cap10100. Fanciulle, mettetevi in coda ordinatamente

Lo ammetto, avevo un piano ben preciso: l'idea era fingermi morta, e vedere se Gary Dourdan, memore di quando era il più bell'agente della scientifica che Las Vegas avesse mai visto, mi avrebbe ispezionato alla ricerca di prove. Se il nome non vi dice nulla, googlatelo: i suoi occhi di sicuro qualcosa vi diranno, soprattutto se siete rappresentanti del gentil (e emotivamente vulnerabile) sesso. Per otto anni Gary è stato il motivo per cui io (e scommetto tante come me) non mi sono persa una puntata delle iperscientifiche indagini di Csi.
Ecco, la domanda sorge spontanea: che cavolo ci fa uno così a Torino in un piovoso mercoledì pomeriggio? La risposta è tutt'altro che banale: oltre a fare l'attore, Gary è anche un musicista, e ha appena fatto uscire il suo primo album, Mother Tongue, prodotto dall'italianissima Mescal (la casa di produzione discografica che ha lanciato i Subsonica). Motivo per cui, in un piovoso mercoledì pomeriggio, è atterrato a Torino direttamente da Cannes (dove era per un gala di beneficenza) e si prepara a presentare live il suo lavoro, in un concerto in programma stasera, giovedì 21 maggio, al Cap10100 di corso Moncalieri 18 (ingresso 10 €).
Ecco com'è che mi sono trovata a pensare di fingermi morta. E, invece, se non bastassero i suoi magnetici occhi verde-azzurro, ho scoperto che è anche un tipo simpatico e alla mano, quindi ho abbandonato il mio piano e abbiamo continuato l'intervista.

Gary, cosa ci dobbiamo aspettare da questo tuo primo disco?
«Qualche canzone molto onesta, su cui ho lavorato negli anni, con qualche influenza aggiunta dai bravissimi musicisti italiani con cui ho lavorato qui»

L'album si intitola “Mother Tongue” (Lingua madre). Cosa significa? Qual è la tua lingua madre quando sei un personaggio così “internazionale”?
«Quello che cercavo di dire è che la musica è la nostra lingua universale, quella che tutti comprendono, indipendentemente dalla provenienza»

C'è molta Italia in quest'album: è prodotto da Mescal, suoni con musicisti italiani. Conosci la musica italiana? Ti piace?
«Mi piacciono molto Francesco Sarcina e Nina Zilli (al cui concerto torinese di qualche giorno fa ha fatto da guest star, ndr), e ci sono un po' di artisti che sto scoprendo ora, come Jovanotti, che ho conosciuto in America e che trovo pazzesco»

E l'Italia la conosci? Ti piace?
«Sì, mi piace molto viaggiare nel vostro paese. La cosa che amo di più è che gli italiani amano il loro paese, vanno in vacanza in Italia. Gli americani quando hanno le vacanze da fare scelgono sempre di viaggiare all'estero. Personalmente, non vedo l'ora di andare al Sud, me ne hanno parlato benissimo e in generale quando vai a Sud trovi cibo buonissimo, gente pazza, tanto calore»

E Torino? Sei stato qui per il concerto di Nina Zilli, ora sei qui a suonare e tornerai il 2 giugno per la partita del cuore. Hai visitato la città?
«Un po', e la trovo molto bella: sembra una piccola Parigi»

Come musicista e come attore, chi sono i tuoi modelli di riferimento?
«Ce ne sono così tanti... In realtà potrebbe essere semplice, potrei dirtene solo tre: Bruce Lee, Jimi Hendrix e Steve McQueen; ma preferisco dirti persone che sono vive, come Henry Belafonte, Morgan Freeman, Robert DeNero (siamo andati alla stessa scuola d'arte drammatica), Steve Wonder, Prince. Come musicisti ce ne sono davvero tantissimi, è un ottimo periodo per la musica perché tanti artisti si producono in maniera indipendente e fanno finalmente quello che amano»

Quale delle due carriere ti ha dato più soddisfazione, quella da attore o quella da musicista?
«È una buona domanda, perché di solito mi chiedono cosa preferisco fare, e io non credo di dover scegliere tra le due carriere. Conosco molti musicisti che sono anche attori: Mos Def, Queen Latifah; come loro anche io voglio essere un artista completo»

In che modo la musica ha influenzato la tua vita?
«Fin da piccolo. Mio padre ascoltava jazz tutti i giorni e sono cresciuto intorno alla musica»

Sei stato eletto l'uomo più sexy del piccolo schermo per tre anni di seguito...
«È stato un errore!»

No, non credo. Pensi che l'aspetto fisico sia importante per avere successo?
«È l'industria dell'entertainment che è basata sull'immagine. Ma vorrei discostarmi dall'immagine di bello, perché spesso l'idea della bellezza è associata all'idea di stupidità: non dico che voglio diventare brutto ma almeno cercare di rendermi interessante»

Non ti preoccupare, Gary. La vedo difficile farti diventare brutto. Interessante, invece, in effetti lo sei. Oltre che ultrabello, brillante, simpatico e il tuo disco è pure orecchiabilissimo. Ve l'assicuro. Se siete scettici, non vi resta che venire al Cap10100 a constatarlo da vicino.

di Valentina Dirindin

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