Il bambino dentro
È stato il proprio non-alter ego sul grande schermo in Tommaso, film presentato di persona al pubblico nei cinema di Torino e Genova. Nei prossimi mesi sarà un commissario antimafia nel ritorno in tv dopo dodici anni
L’età corrisponde e oltre a esserne regista ne è stato anche interprete. Tuttavia non c’è niente di Kim Rossi Stuart come uomo reale nel personaggio principale di “Tommaso”, secondo film dietro e davanti la macchina da presa, dieci anni dopo “Anche libero va bene”. Ci ha tenuto ripetutamente a sottolinearlo l’attore romano nei giorni delle presentazioni al pubblico (anche Torino e Genova nelle città visitate) e dell’esposizione mediatica durante l’ultima Mostra del Cinema di Venezia dove era anche presidente della giuria “Opera prima” e dove la sua pellicola è stata presentata fuori concorso.
Nel film c’è piuttosto il suo “negativo”: un uomo ultraquarantenne deriso e messo a nudo dalle donne della sua vita, anche se è proprio Tommaso quello che ha visioni erotiche senza veli di ragazze intraviste su un mezzo pubblico o spiate dietro le vetrine dei negozi. Tuttavia, non ha esitato a definire la sua opera: «un film personale, nel senso di autentico, sincero», anche se spesso sono stati fatti paragoni con altri filmmaker italiani. «Da regista, è impossibile fare un film senza che questo suggerisca qualche altra cosa già vista, soprattutto a un cinefilo. Tra le tante suggestioni, se proprio devo fare un nome, voglio citare come ispirazione Massimo Troisi: nello spirito, nella voglia di guardarsi dentro. Mi piace l’idea di poter affiancare il mio film al suo approccio, in grado di scavare con leggerezza nei fatti della vita».
Nel quotidiano, la vita di Kim Rossi Stuart e la sua compagna Ilaria Spada sembra procedere splendidamente da anni, con al centro la figura del figlio di cinque anni e forse una nuova gravidanza in arrivo, a soddisfare quel desiderio di famiglia numerosa che l’attore ha recentemente espresso. Per anni il 47enne
(da pochi giorni) artista si è preso una pausa proprio per godersi la paternità e il piccolo Ettore, confrontandosi con quel ruolo di padre affrontato con successo in diverse pellicole.
Se il tema dell’infanzia, in un gioco di rimandi tra realtà e finzione, ritorna spesso nella carriera dell’attore, questo è ancora più centrale nel regista Rossi Stuart. L’opera prima “Anche libero va bene” raccontava la vicenda dell’undicenne Tommi di cui il padre Renato (Kim) tentava di plasmare la crescita. All’epoca era stato molto chiaro su come vedeva il passaggio dall’infanzia alla maturità e oltre: «Una volta giunti all'età adulta la vita diviene per molti un'esperienza più mentale e meno sensoriale, le cose non si vivono più con quella magica pienezza, quella tridimensionalità emotiva. L’infanzia è la parte maggiormente fondante di una vita». Tommi, diventato Tommaso, racconta proprio questo allontanamento dalle fondamenta. E nello svilupparsi della vita, «il fardello ereditato dalle relazioni con i nostri genitori incide pesantemente sulle nostre vite. Il momento in cui noi lo prendiamo sulle nostre spalle è quello in cui riceviamo dei traumi che formano e plasmano il nostro carattere. In quel momento tendiamo a seppellire dentro di noi e circoscrivere il bambino che noi siamo, in favore di un essere che non si concede il lusso di avere paura. Proprio quel bambino che rimane chiuso dentro di noi fino a un tempo imprecisato è la parte più preziosa che abbiamo, la parte idealmente perfetta che dovremmo recuperare per risolvere i problemi centrali nella vita adulta». Lo stesso attore, tra il serio e il faceto, ha ipotizzato un terzo capitolo della vicenda di Tommaso: prima bambino, poi adulto irrisolto e infine l’happy ending con la scoperta della felicità, ripartendo, chissà, dalla chiusura positiva del suo più recente film, dove si (intra)vede la compagna Ilaria Spada, in una scena marina che chiude il cerchio delle vicende del protagonista. «Ma non è un omaggio a lei – precisa subito - Diciamo che trovare un’attrice che accettasse di girare per un’ora e mezza una scena al tramonto immersa nel mare, con la possibilità concreta di non essere vista in faccia nemmeno per un secondo non era facile. Le condizioni hanno fatto sì che si economizzasse scegliendo lei… Che è bravissima!».
In maniera candida ammette che avrebbe voluto prendersi una pausa dal ruolo di attore: «Le riprese sono state costellate da episodi difficili, mi sto ancora interrogando sul significato di quanto accaduto. Mi sarebbe piaciuto fare un’esperienza di regia pura, senza stare anche davanti alla macchina da presa. Ma per esigenze produttive, esattamente come per il mio primo film, ho dovuto dividermi nel doppio compito». Un distacco che si è invece preso dalla televisione, da cui è stato lontano ben dodici anni e che si appresta a interrompere con la messa in onda questo inverno di una nuova serie Rai a cui ha preso parte, “Maltese – Il romanzo del commissario”. L’ultima sua apparizione era stata nella miniserie “Il tunnel della libertà” di Enzo Monteleone, la storia di due giovani ingegneri italiani residenti nella zona Ovest della Berlino del 1961, che dopo essersi recati al battesimo della figlia di un loro amico nella parte orientale sotto il controllo della Repubblica Democratica Tedesca si trovano coinvolti nel caos che segue la chiusura di tutti i varchi di transito da parte dei militari sovietici.
Il personaggio della nuova serie televisiva è, invece, un commissario di Polizia che torna nella natia Trapani nell’Italia degli anni Settanta per fare da testimone al collega e amico Gianni Peralta. La morte violenta di quest’ultimo costringerà Dario Maltese a fronteggiare non solo la malavita ma anche gli spettri del suo passato, rappresentati dal ricordo del padre morto suicida. «Ammiro molto, quasi in maniera infantile, chi combatte per un ideale. Per prepararmi a questo ruolo ho studiato le figure più carismatiche tra i grandi e fedeli servitori dello Stato, da Boris Giuliano ad Antonino Cassarà, da Giovanni Falcone a Paolo Borsellino». Alla regia c’è il torinese Gianluca Maria Tavarelli, che ha già diretto la serie “Il giovane Montalbano” e la serie vede la presenza sul set anche di Francesco Scianna e Valeria Solarino, con cui l’attore romano aveva interpretato “Vallanzasca”, un personaggio affascinante quanto negativo per cui secondo Rossi Stuart non c’è spazio sul piccolo schermo. «La televisione arriva a un pubblico più generalista e dovrebbe avere una funzione più educativa – ha dichiarato alle agenzie stampa - Il cinema può permettersi il lusso di affrontare un argomento da diverse angolazioni, perché il pubblico che sceglie di vederlo o meno compie una scelta più consapevole». Qualcosa però, durante la sua assenza dal piccolo schermo, è cambiato e Kim Rossi Stuart riflette sul successo di “Gomorra”, che celebra in qualche modo la malavita, perlomeno nella sua dimensione privata: «Prendo atto che la società è mutata - ha dichiarato sibillino – anche se credo che certe storie andrebbero trattate con più equilibrio. Io sto sempre dalla parte dei buoni».
di Davide Fantino