Nella foresta
La band torinese è impegnata nel tour estivo. Prima di partire, ha raccontato di luoghi oscuri della mente e polmoni verdi da difendere.
Torino ci ha messo subito alla prova». A quasi vent’anni dall’esordio dei Subsonica come band, così Samuel ricorda quel periodo di metà anni Novanta. «Questa città ha avuto un ruolo molto importante: è l’insieme di un po’ tutta l’Italia e ha assorbito le differenti culture del nostro Paese. Lo rivediamo anche andando in giro per i concerti: siamo stati fortunati a essere nati qui».
L’occasione per sfogliare l’album dei ricordi, ma soprattutto per proiettarsi nel futuro del gruppo, è stato il Subsonica Day, un incontro virtuale tra Casacci & C e i loro fan sparsi per il Paese, avvenuto attraverso le sale cinematografiche con cui erano collegati in diretta satellitare proprio da Torino. Il loro mondo in un giorno si potrebbe sintetizzare, visto che si è parlato di progetti realizzati nel tempo e di quelli imminenti. “In Una Foresta” tour, in particolare, li vede impegnati già da metà giugno fino a settembre (chiusura il 6 a Rovereto). Lo stesso tour, nella sua “leg” invernale, è il protagonista del film omonimo che è stato presentato in anteprima e che è in vendita per tutti quelli che vogliono rivivere o scoprire per la prima volta le emozioni del live di Milano di dicembre 2014. Lo show, in stile Subsonica, è sperimentale e giocato sull’utilizzo dei led, presenti anche sulle giacche dei membri del gruppo, che interagiscono con la band e integrano il racconto musicale. Il film stesso cerca un punto di vista altrettanto inedito, trovandolo nell’essere direttamente tra il pubblico presente allo show, per mostrare come la gente vive un loro live. Il regista è Cosimo Alemà, che sta girando proprio a Torino: protagonista ancora la musica. È lui a spiegare le tappe di avvicinamento al progetto: «Ci si approccia alla realizzazione nella maniera più sensata, un po’ come farebbe un fan, calandosi in mezzo al pubblico. Il film ha questo punto di vista e prova a mostrare l’energia unica che c’è ai loro concerti. Ho tentato di rispettare quello che si vive a un loro live, ho assistito ad alcune date precedenti e lì mi è venuta voglia di proporre un’immersione tra la gente». Anche alcuni membri della band hanno scoperto qualcosa
di nuovo rivedendosi: «È molto particolare per me – racconta il batterista - Dalla mia posizione sul palco non riesco talvolta a cogliere questa energia che transita attraverso le casse e arriva fino agli spettatori. Vedere le facce delle persone in primo piano mi mancava e mi ha stupito il grado di coinvolgimento del pubblico». In qualche modo simile il punto di vista del bassista Vicio: «Rivedere ciò che è stato uno spettacolo dall’altra parte fa sempre effetto. A me ha volte non piace neanche tanto, parlo per la mia faccia che non mi soddisfa sempre. Per quanto mi riguarda il ritmo è l’elemento che domina la mia attenzione sul palco: di solito guardo Ninja e sento ciò che accade dalle parti della batteria. Perché la funzione del ritmo è tenere in alto ciò che sta più in alto: voce, chitarra, tastiere».
Nel mondo Subsonica, ci sono tanti amici-collaboratori chiamati in causa per aiutare a realizzare progetti complessi, come il cortometraggio costruito attorno allo spunto della canzone “Specchio”, regia di Luca Pastore, che affronta il tema dei disturbi del comportamento alimentare. Anoressia e bulimia, le malattie che causano il maggior numero di vittime tra le ragazze tra 12 e 25 anni di età. Hanno un’elevata complessità e cronicità: dopo tre anni calano drammaticamente le possibilità di guarigione, ma si può avere una qualità di vita accettabile. «È così diffusa - spiega la psicologa e psicoterapeuta Paola Rapicavoli - perché siamo in una società prestazionale, ed è difficile essere aderenti alle sue richieste. La malattia prima esordiva attorno ai 15-18 anni, adesso è presente già attorno agli 8-10 anni».
«L’argomento non è stato intenzionalmente ricercato – confessa Samuel - e non pensavamo di affrontare un tema del genere. Però spesso accade che alcune parole si attacchino come un magnete alla melodia e ti portino a questioni che non pensavi di trattare. In questo caso la chiave è stata la parola “specchio”, che era tra i primi spunti per la canzone. Come spesso accade nel nostro processo creativo, cerchiamo libri che trattino di questi input iniziali e facciamo ricerche in rete. Quasi sempre sul web con la chiave “Specchio” venivano fuori argomenti legati alle disfunzioni alimentari. La cosa ci ha subito turbati, non essendo stati colpiti direttamente da questo dramma non ci sentivamo in qualche modo autorizzati a parlarne: è stato trattato ampiamente anni fa, ma recentemente ha lasciato un po’ di silenzio attorno a sé. Abbiamo deciso così di affrontarlo, sentendo persone che in qualche modo avevano attraversato questa “foresta” ed è venuta fuori la canzone.
Lo specchio sembra l’oggetto più obiettivo ma non è così: l’ossessione, il sentirsi fuori posto, deformano la percezione. «Ci siamo anche detti che era il caso di fermarci – prosegue Max Casacci - perché rischiava di essere una situazione delicata e scivolosa. Ma in quel momento un nostro collaboratore aveva avuto un problema in famiglia relativo all’anoressia e ci aveva colpito l’assoluta impotenza di fronte ala patologia. Lo abbiamo sviscerato, abbiamo cercato una solidità sul tema, con persone esterne. Sull’anoressia ci sono molti luoghi comuni: è una malattia ma non ha la dinamica classica, che prevede che il malato voglia curarsi e che attorno a lui si stringano gli affetti familiari per aiutarlo; spesso è il contrario, anzi. E lo specchio diventa una superficie dispercettiva: la persona non si vede com’è realmente, ma potenzialmente bella. Le parole di Valeria, la ragazza che ci ha raccontato dal di dentro il suo vissuto con la malattia, sono: pesavo 35 chili e nessuno mi diceva niente».
Il compito arduo di tramutare tutto ciò in immagini e videoclip è stato affidato a Luca Pastore, che su percezione e menomazione aveva già lavorato con i Subsonica per la realizzazione del video di Disco Labirinto. «C’è un lungo rapporto di collaborazione con la band: spesso vengo coinvolto in progetti complessi. È stimolante, perché loro vivono questi due opposti: sono allo stesso tempo superpop e supersperimentali. Per il video di Specchio è successo quello che accade molto spesso quando si indaga un fenomeno: quasi sempre i tuoi stereotipi vengono distrutti. Valeria è stata il mio Virgilio, dandomi alcuni mood, parole chiave che io ho cercato di riprodurre in immagini. Non c’è un intento tutto logico nella costruzione del cortometraggio: è un piccolo gesto e spero che in qualche modo serva, una sfida interessante da affrontare». «Amiamo metterlo in difficoltà», confessa Boosta.
Dalla foresta della mente attraversata da chi lotta contro anoressia e bulimia, a quella abitata da “ una nave”, titolo del loro settimo e più recente album in studio. I Subsonica sono impegnati in un approccio “green” al creare musica e lo spunto per parlarne viene fornito da una delle domande giunte dal pubblico sparso nelle sale italiane, da un rappresentante del Corpo forestale: “Una nave in una foresta” significa accostare natura e ingegno umano; dovrebbe essere un impegno di tutti ma spesso non è così. «Già il fatto che il Corpo forestale venga ridotto a un ramo qualsiasi della polizia – sottolinea Vicio - è un indizio della scarsa attenzione dell’uomo per la natura. Io abito nella “foresta” di Buttigliera Alta, e mi concedo tanti spazi da solo con la mountain bike nella natura. Gli alberi sono parte di noi, servono alla nostra vita quotidiana più di quanto sembri. Dovremmo avere un lumino nella testa sempre acceso sull’argomento e averne molta cura».
E Boosta? A lui il compito di raccontare/giustificare il progetto, in realtà datato fine 2013, Tart’Ufo, uno sci-fi grottesco e low budget autoprodotto, in cui gli alieni si impossessano delle menti dei componenti del gruppo per rubare la musica ai terrestri. «Abbiamo attinto dall’infinita tavolozza dei colori delle nostre capacità artistiche – racconta del tutto faceto e per nulla serio – per cimentarci nell’arte cinematografica, in un progetto avveniristico e inquietante». Seguono la visione di una delle divertenti clip della mini serie e poi comincia la proiezione di “In una foresta tour”: in questo ultimo caso, la tavolozza dei colori e le sue infinite possibilità sono evidenti a tutti.
"Questa città ha avuto un ruolo molto importante per noi, siamo stati fortunati a nascere qui"