ODIO E AMO TORINO: arte torinese
Scoprendo cose belle e meno belle di Torino, in questo numero facciamo un tuffo nell’arte torinese. Da un lato abbiamo infatti Beatrice Merz, presidente della Fondazione Merz, l’istituzione nata nel 2005 nella restaurata ex centrale termica Lancia, oggi importante centro di arte contemporanea. Dall’altro, a dirci cosa non ama di Torino questa volta è un giovane e promettente artista, Diego Scroppo, che ha già alle spalle due mostre personali e diverse collettive internazionali, e che dal 19 al 26 maggio prossimi presenterà presso il 515 Creative Shop (via Mazzini 40) la sua “Deriva delle Forme”, un'indagine condotta sulla natura dei suoi stessi dipinti, racchiusa nelle pagine di due singolari libri: “Stele”, stampato nero su nero, custodito in un blocco di resina scura scolpito in bassorilievo e “La Deriva delle Forme”, stampato a colori, su carta patinata e brillante.
Beatrice Merz, di Torino amo che…
Amo soprattutto la grande creatività di Torino: qui c’è un mondo, che apparentemente pare sommerso, ma che invece è estremamente attivo, laborioso, pieno di idee e voglia di realizzarle. Torino è riuscita a unire alla storica identità industriale una vocazione alla ricerca in tutti i settori, compreso quello che mi sta più a cuore, cioè quello artistico. Non è un caso che l’arte contemporanea abbia trovato in questo territorio un habitat così favorevole. Un periodo che amo particolarmente di Torino è quello del mese dell’arte contemporanea, a novembre, quando l’energia dell’arte esplode in tutti gli angoli della città. Mi piace che Torino si riempia di gente proveniente da tutto il mondo e di iniziative diverse: è un piacere vedere i musei così affollati! Un luogo a cui sono particolarmente legata è il mercato di Porta Palazzo; la vivacità che lo caratterizza, i profumi e i colori che lo abitano e la possibilità di immergersi in realtà culturali diverse rappresentano per me una ricchezza incredibile.
Diego Scroppo, di Torino odio che…
Nutro per questa città un sentimento di amore–odio, ma dovendomi qui occupare solo della seconda posso dire: di Torino odio che… -Non ci siano più i “Murazzi” come li abbiamo conosciuti. Mi spiace intendere dagli scambi con i più giovani che non possano più godere di situazioni così coinvolgenti in un luogo così magico. -Piazza Vittorio non sia chiusa totalmente al traffico delle auto. Non è la piazza più grande d’Europa, come molti concittadini pensano, ma è pur sempre un ampio spazio dal fascino metafisico che è un vero peccato fruire come luogo di transito “veloce”. -I Torinesi si lamentino sempre del fatto che bisogna andare a Milano per lavorare meglio e di più. È quasi una consuetudine, tra molti di loro, lamentarsi della propria città nei termini di esposizione, presentazione, vendita di quello che si fa, che qui s’inventa o produce. -Sento ormai da anni che questa è solo una città laboratorio o “fabbrica” (dal retaggio automobilistico), quando la si vorrebbe più negozio, più vetrina o semplicemente più addobbata di clamori. La natura fortemente underground di Torino non permette facilmente l’esposizione leggera di cose e contenuti forse per il semplice fatto che si preferisce impiegare più energie per inventare piuttosto che per vendere.
_La cultura pare non sia più una priorità per la città. Speriamo ci ripensino.
_Il Castello di Rivoli sia così impegnativo da raggiungere. Peccato, è veramente un gioiello, anzi, un forziere che ne contiene molti. Speriamo che questa direzione continui stoicamente a mantenere il livello così alto nonostante le grosse difficoltà.
_In San Salvario si confonda il degrado con la movida.
_Ci siano così tanti buchi nell’asfalto. Sembra fatto apposta per promuovere la vendita dei Suv.
_Che di quando in quando si proponga di smantellare i Toret.
_Che si possa, oggi, anche solo pensare di fare una sottospecie di zoo.
_Che il Cimitero Monumentale non sia valorizzato come dovrebbe. È un vero museo a cielo aperto.
_Che nelle periferie non ci siano ancora dei luoghi d’incontro veramente alternativi al centro nonostante l’impegno in questo senso della nuova amministrazione.
di Valentina Dirindin|Foto Andrea Guermani|