Il viaggiatore Solitario
Alex Bellini, classe ’78, terrà una lezione il 28 settembre a Torino Spiritualità in cui propone una riflessione su come sia possibile andare oltre le frontiere del corpo e della mente.
Alex Bellini, un uomo fuori dall’ordinario. Esploratore di terra e acqua. Attraverso l’avventura scopre se stesso e supera i suoi limiti. Alex Bellini, che il 28 settembre terrà una lezione a Torino Spiritualità, è stato il primo uomo ad attraversare in solitaria, su una barca a remi, il Mar Mediterraneo e l'Oceano Atlantico. Ha percorso di corsa il continente americano tra Los Angeles e New York. Oggi si sta preparando per testimoniare il ciclo vitale di un iceberg sino al suo scioglimento, vivendo in una capsula di tre metri per quattro ancorata ad esso.
Quando è stato il momento in cui ha sentito che la sua strada era vivere fuori dalle righe?
«Questa è una domanda un po' tendenziosa. Non credo di aver mai deciso di vivere fuori dalle righe, questo è quello che viene percepito dall'esterno. Certamente il mio percorso non può definirsi tradizionale. A 22 anni ho scelto la solitudine, il sacrificio, il movimento, per cercare di rendere la mia vita il più simile possibile a quella che sognavo. Sono nato in Valtellina e sono cresciuto con una grande passione per l'outdoor, per questo ho cercato di ricreare da sempre quella condizione ambientale e mentale. Ad un certo punto ho iniziato a studiare scienze bancarie perchè pensavo potesse essere la scelta corretta per una vita serena e appagante. Dopo poco mi sono reso conto di provare una sensazione di disagio nonostante avessi tutto il necessario per essere felice. Sognavo di essere in un altro posto e di vivere la vita di qualcun altro. Questo mi fece comprendere che forse le mie scelte non erano state del tutto corrette. Decisi di interrompere gli studi e dedicarmi alla ricerca di quell'ispirazione che potesse restituirmi quel piacere di vivere la vita che desideravo. E così partii affrontando due esplorazioni in Alaska. Quelle esperienze mi hanno concesso, durante lunghe ed estreme camminate, di capire che non c'era niente altro al mondo che desiderassi fare. Oggi a distanza di oltre dieci anni sono ancora qui. Ho imparato che amo stare in solitudine, caratteristica che mi appartiene fin da ragazzo».
Come si prepara psicologicamente alle sue esperienze estreme e affronta i momenti di difficoltà?
«Io mi sento pronto ad affrontare questo tipo di esperienze da sempre, per cui non devo prepararmi. Per me è del tutto naturale e nel mio sentire ci vuole più coraggio a non farle certe cose piuttosto che a farle. È chiaro che ci sono situazioni che vanno sapute gestire come la gestione del rischio. Il rischio è un aspetto tecnico, ma anche mentale che può essere affrontato con l'intuito. Noi possiamo saper gestire il rischio e le paure perchè sappiamo ciò che vogliamo e cosa vogliamo raggiungere ma ad un certo punto durante il percorso iniziano a sorgere i dubbi, e i dubbi portano con sé la paura e la paura destabilizza. Durante la vita normale, se hai paura, ad un certo punto puoi sempre fermarti e rimandare a domani i pensieri. Mentre stai affrontando un'avventura, come per esempio quella della traversata del Pacifico su una barca, sei in mezzo al mare, da solo e senza la terra rassicurante sotto i piedi. In quei momenti il rischio che la paura ti faccia perdere l'equilibrio è altissimo ma se sei allenato a vivere la paura a dosi omeopatiche, affrontandola ogni giorno, puoi riconoscerla e non farti fagocitare da essa, usando l'istinto di sopravvivenza e protezione come guida».
La sua prossima avventura sarà stare in solitaria su un iceberg, fino al suo completo scioglimento, perchè ha fatto questa scelta?
«Ho deciso di salire su un iceberg per tantissime ragioni. La prima è che è un'avventura straordinaria e romantica. Anche se tutte le mie avventure possono apparentemente sembrare slegate l'una dall'altra, in realtà hanno in comune lo stesso principio che è quello della sottrazione. Andando su un iceberg sperimenterò me stesso in relazione all'immobilità e all'attesa. Questa sarà l'avventura dell'attesa e dell'accettazione. In questo momento storico siamo costretti molto spesso all'immobilità, all'impossibilità di compiere un reale cambiamento da solie. Anche ciò che sembra eterno non lo è. In questo senso, l'iceberg ne è l'emblema. Per quanto sembri solido, per quanto il ghiaccio possa sembrare duraturo nel suo contesto, non lo è. Questo ci dimostra che niente è per sempre e ci insegna a saper godere appieno di quello che abbiamo oggi. Da un punto di vista strettamente scientifico invece, l'esperimento di vivere la vita di un iceberg fino al suo scioglimento porta con se temi quale il riscaldamento globale, l'inquinamento e il ruolo che l'uomo ha in tutto questo».
Verrà a Torino in occasione della manifestazione Torino Spiritualità. Quale sarà l’argomento del suo intervento?
«L’ipnosi. C’è ancora molto scetticismo nei confronti di questa pratica perché nell’immaginario da palcoscenico l’ipnosi è una condizione mentale che permette a qualcuno di manipolare qualcun altro. In realtà lo studio e l’applicazione dell’ipnosi permettono un ventaglio di situazioni molto più ampio. L’ipnosi è uno straordinario strumento per sostenere le nostre capacità mentali e fisiche. Quando correvo per gli Stati Uniti ho utilizzato l’ipnosi e grazie al principio cardine su cui si basa ero in grado di spostare” la percezione del dolore da una parte del corpo ad un'altra».
Il filo conduttore di Torino Spiritualità sarà l’amore. Come vive i sentimenti e che cosa rappresentano per lei i legami affettivi?
«Io amo stare da solo ma non sarei disposto a vivere la mia vita da solo. Fin dagli inizi ero consapevole di correre questo rischio, nella mia mente vedevo l’immagine di una casa silenziosa senza qualcuno con cui condividere le mie esperienze. Capii subito che non era ciò che volevo. Sono sempre stato una persona determinata, mia nonna mi ha insegnato a non mollare mai. Qualche tempo fa ricordavamo insieme di quando a 20 anni la notte uscivo ad allenarmi e incontravo i miei coetanei che uscivano dalle discoteche. Oggi ho la grande fortuna di aver incontrato mia moglie, con la quale abbiamo due figlie, che mi ama per quello che sono, accetta la mia natura e non cerca di cambiarmi. Sapere di avere una famiglia che mi aspetta e mi sostiene è il più grande incoraggiamento e appoggio che io abbia, senza il quale non potrei fare ciò che faccio. Mia moglie sa che quando l’avventura chiama io devo partire. Questo non significa scegliere l’avventura al posto degli affetti ma poter vivere entrambi gli aspetti del mio essere. L’amore di mia moglie e delle mie figlie è la più grande energia che io abbia e mi permette di continuare questo percorso alla ricerca della verità su me stesso».
Quale consiglio darebbe a chi deve fare una scelta che lo spaventa?
«Saltare addosso a ciò che ti spaventa. Nella vita avventura e paura sono sempre intorno a te. Ogni volta che ti spingerai o farai un passo fuori da quello che è la tua quotidianità ci sarà sempre qualcosa che ti spaventerà. A quel punto hai due alternative: o torni nel tuo recinto e ti fai coccolare da ciò che conosci, oppure ti forzi un pochino e aggiungi a piccole dosi omeopatiche un po’ di paura. Se oggi sopravvivi a qualcosa che ti spaventa, domani non ne avrai più timore».