Luca De Gennaro

Un figlio del rock con l'anima sabauda

Luca De Gennaro, torinese, classe 1959 da circa 20 anni lavoraa MTV Italia. È disc jockey, professore, giornalista e scrittore.

Una carriera lunghissima iniziata con la passione di un ragazzino innamorato della musica che sognava di fare la rockstar e (non ancora) finita ai vertici di MTV, il canale televisivo che ha cambiato la ricezione della musica in Italia e che oggi è ancora in trasformazione. Nel mezzo, un’instancabile attività come disc jockey, professore e scrittore. Se la musica potesse avere un volto è probabile che sceglierebbe quello di Luca De Gennaro, torinese, classe 1959 e una passione artistica che è riuscita a diventare, tra un’avventura e l’altra, consolidata professionalità.

Che percorso l’ha portata a MTV?

«L’amore per la musica l’avevo fin da piccolo, i miei fratelli maggiori mi avevano allevato con Beatles, Bob Dylan e Genesis. Uscivo dalla scuola media in via Madama Cristina e mi infilavo nel negozio di dischi di fronte insieme ai miei amici Paolo “Mixo” Damasio (poi diventato un famoso disc jockey, oggi a Radio Capital) e Carlo Rossi (da anni uno dei più quotati produttori musicali italiani). Passavamo ore a “vaschettare” tra i vinili. La stessa passione l’ho portata da adolescente negli studi delle prime radio private, e qualche tempo dopo si è trasformata in mestiere. Ho lavorato 15 anni a Radio Rai a Roma come conduttore radiofonico, diventando nel frattempo giornalista e facendo quasi tutti i possibili lavori collegati alla musica (disc jockey, talent scout, manager...). Nel 1994 un network televisivo internazionale, Orbit Television, ha aperto una sede a Roma e mi ha affidato la programmazione del canale musicale. Quando 2 anni dopo MTV è arrivata in Italia e ha cercato qualcuno che sapesse fare proprio quel lavoro, mi sono trovato al posto giusto nel momento giusto».

 Com’è lavorare nella stessa azienda per 20 anni? Vederla crescere dalla nascita?

«Ai 20 anni di “anzianità di servizio” ci devo ancora arrivare, per il momento sono 18 e qualcosa, che è comunque un traguardo impressionante se penso che all’epoca l’esperienza di MTV in Italia era una scommessa per tutti ed avrebbe potuto anche durare poco tempo. Dentro MTV ho vissuto in prima persona tutti i cambiamenti radicali del mondo musicale e dei media. Nel 1996 la musica veniva diffusa attraverso la radio in fm, le riviste musicali e i negozi di dischi. MTV per l’Italia era la grande novità, Internet era una cosa che conoscevano in pochi, la banda larga non esisteva, le playlist non erano su Itunes ma sulle cassettine registrate e l’inventore di Facebook era un bambino di 12 anni. Noi eravamo in 6 in ufficio. Poi siamo diventati centinaia».

 

Ci racconta la sua esperienza più bella legata a MTV? O quella che racconterebbe a un amico per impressionarlo?

«Potrei passare giorni e soprattutto notti a raccontare aneddoti straordinari sulle avventure che abbiamo vissuto con MTV. Ho sempre avuto un rispetto così alto per chi nella vita decide di fare il musicista che le più grandi emozioni le ho vissute accanto agli artisti che ho portato ai nostri eventi dal vivo. Mi viene in mente quando Patti Smith rispose personalmente al mio invito agli MTV Days di Torino. Non mi sembrava vero che un mio idolo di gioventù scrivesse una email proprio a me. Oppure quando Robert Smith dei Cure tenne svegli me e il mio capo per tutta la notte a parlare di massimi sistemi dopo il concerto che fecero per noi a Roma, seduti al freddo fino all’alba nel giardino del suo hotel, o quando riuscii a portare Lou Reed a suonare in diretta nel nostro studio di “Sonic” a Milano o quando i R.E.M. inaugurarono con noi il nuovo canale di MTV in Grecia, sul quale avevamo lavorato per un anno, con uno show meraviglioso nell’antico stadio olimpico di Atene in diretta tv mondiale. Momenti veramente indimenticabili. Questi e tanti altri».

Cosa voleva fare nella vita?

«La rockstar, ovviamente. Suonavo la batteria in una band, poi ho capito che la mia missione era far sentire la musica agli altri e ho scoperto il mestiere del disc jockey, che è il più bello del mondo, e che è stata anche la scuola di vita che mi ha insegnato a fare tutto il resto».

 

Cosa vuole fare adesso nella vita? 

«Da qualche anno ho cominciato a mettere la mia lunga esperienza al servizio delle generazioni più giovani, insegno ad un Master ad indirizzo musicale dell’Università Cattolica di Milano, quando riesco a ritagliarmi del tempo scrivo libri e faccio conferenze, e tengo un blog destinato alle nuove generazioni di musicisti sul sito di “Mtv New Generation”. Queste sono attività che mi piacerebbe sviluppare nel futuro, anche se per il momento il lavoro quotidiano con MTV è così intenso da non lasciarmi spazio per giocare a fare l’intellettuale bohemien. In questo periodo sono concentrato sul canale musicale “Mtv Music”, sul 67 del digitale terrestre, che è già il primo canale musicale in Italia e vorrei diventasse sempre più bello e interessante».

 

In quali note si trova più a suo agio, l'elettronica o il rock? Perché?

«Credo che chi, come me, è artisticamente figlio del rock, maturi più facilmente una capacità di comprendere gli altri mondi musicali. Questo vale anche per l’elettronica, così come per l’hip hop. Chiedete a qualsiasi dj o rapper quali sono le sue radici e verranno fuori nomi come AC/DC, Led Zeppelin e Clash. Secondo me oggi la più grande rockstar sulla scena è un dj, si chiama Skrillex e prima suonava la chitarra in un gruppo hardcore, guarda un po'».

 

Quanto c’è della nostra città, Torino, nelle cose che fa? O nel modo in cui le fa? 

«A Torino sono nato e cresciuto fino alla fine delle scuole medie. é la città dove ho visto i primi concerti della mia vita, ho comprato i primi dischi e ho suonato nella mia prima band, dove ho ancora diversi amici e un fratello che vive vicino a Piazza Vittorio, e dove con MTV abbiamo fatto tanti eventi importanti e di successo negli ultimi 5 anni, perciò il mio rapporto con la città mescola la nostalgia del passato con il dinamismo del presente. Il lungo Po dove scorazzavo in bici da piccolo è lo stesso dove ho fatto l’alba dopo i dj set da Giancarlo ai Murazzi pochi anni fa. Con la musica nata a Torino ho sempre avuto incroci virtuosi e piacevoli, da Subsonica e Africa Unite fino ad Ensi e Levante. Con una collega torinese ho sempre scherzato sull’anima “sabauda”, che riesce ad essere contemporaneamente aristocratica e “low profile”. Pensate a come i torinesi usano la parola “solo”, come ad intendere che non vogliono disturbare, tipo “Lascia solo che ti versi un bicchiere di vino”, oppure “Appoggio solo qui la borsa” o “Mi puoi dire solo che ore sono?”. Frasi del genere si sentono dire… solo a Torino».

di Marta Ciccolari Micaldi