Presentata a Torino Osterie d'Italia 2026
In libreria dal 22 ottobre, la trentaseiesima edizione della guida conta quest’anno ben 1980
recensioni di locali scelti in ogni angolo del Paese per la cucina territoriale autentica, la rigorosa selezione degli ingredienti e l’atmosfera.
È stata presentata a Torino, nella suggestiva Sala delle Fucine delle OGR di Torino, la nuova edizione della Guida alle Osterie d’Italia. A condurre il racconto delle novità regione per regione e l’assegnazione dei numerosi premi, Mario Calabresi e Carlo Bogliotti, nuovo responsabile editoriale della guida.
In continuità con l’anno scorso, la crescita del numero dei locali segnalati indica che l’osteria è quanto
mai viva ed è sempre più il principale punto di riferimento quando si parla di ristorazione in Italia, anche
se un solo modello e una sola definizione di osteria non ci sono. Nella guida 2026 si trovano infatti
molte tipologie di locali, tutte meritorie di far parte della selezione a prescindere dalla forma che hanno
assunto o sempre avuto.
Trentasei anni fa, con la sua nascita, il sussidiario del mangiarbere all'italiana stabiliva tre capisaldi
che hanno ridefinito il modello di osteria e che non sono mai cambiati: cucina locale nel suo contesto
autentico, uso di prodotti di qualità e del territorio, prezzi accessibili ai più. Queste tre linee guida sono
rimaste tali negli anni e hanno anzi accompagnato un’evoluzione che ha riportato l’attenzione su questo
modello di ristorazione a partire dagli anni ‘90, senza tuttavia uniformare una diversità di proposte che
invece è parte fondamentale dello spirito della guida.
Perché la diversità che ci contraddistingue come italiani e che riguarda anche l’aspetto culinario del
nostro Buonpaese − non esiste infatti una “vera” cucina italiana codificata −, questo insieme multiforme
di diversità che mutano nel tempo, è l’aspetto che da sempre ha contribuito a costruire la nostra identità:
ed è qui che la Guida manifesta la sua importanza e diventa libro mastro, ovvero il nostro codice, quello
che ci permette di riconoscere la cucina non solo come cibo, ma come un insieme di pratiche sociali,
riti e gestualità basati sui saperi locali, che rappresentano l’identità e la cultura italiana. E chissà
che intanto, a dicembre, non arrivi dall’Unesco il riconoscimento alla cucina italiana come patrimonio
immateriale dell’umanità.
Come qualche anno fa l’ha definita il critico letterario – e buongustaio − Antonio D’Orrico, la guida
alle Osterie d’Italia va letta come un vero e proprio romanzo italiano perché ogni edizione racconta l’Italia e lo fa attraverso le diverse cucine regionali − e tutte le persone che animano quelle cucine −,
ma anche attraverso la rete di oltre 250 collaboratori sparsi in tutta Italia, che nel corso di tutto l’anno
visitano in anonimato tantissimi locali e ne ricavano le segnalazioni e le recensioni che compongono le
1000 e più pagine del volume.
1980 sono i locali segnalati nell’edizione 2026: e accanto alle osterie, ai ristoranti, alle enoteche con
cucina e agli agriturismi, ci sono anche quest’anno i Locali Quotidiani – sezione inaugurata
nell’edizione 2025, che raggruppa tutte quelle tipologie ristorative alternative come pastifici,
gastronomie, enoteche con cucina e altre realtà più informali, in cui sia primaria l'attenzione allo stare
bene, al territorio e al piacere della tavola. L’anno scorso i Locali Quotidiani erano 134, quest’anno il
loro numero è salito a 161.
Dei 1980 locali segnalati nella guida, sono 337 i locali premiati con il massimo riconoscimento, ovvero
la Chiocciola, che viene attribuita a quelle insegne che si contraddistinguono per l’eccellente proposta
e per l’ambiente, la cucina e l’accoglienza in sintonia con i valori di Slow Food.
Guardando alle regioni, quelle con più osterie segnalate sono il Piemonte (187), e subito dietro
Campania (169) e Toscana (163), mentre diverso è l’ordine se si guarda al numero delle Chiocciole,
che vede la Campania in testa con 39 locali chiocciolati, la Toscana in seconda posizione con 30 e subito
a ridosso il Piemonte con 29.
Non mancano gli inserti con gli indirizzi dove provare altre forme di ristorazione popolare: si va dagli
arrosticini abruzzesi ai supplì romani, alle pizze napoletane ai tegamini piemontesi, dai bacari veneziani
ai buffet triestini senza trascurare le osmize sul Carso, dai fornelli pugliesi ai trippai fiorentini, dalle
malghe trentine alle focacce e liguri, una mappa dei luoghi, anche i più remoti, dove trovare tutte le
specialità più golose che la tradizione di ciascun territorio, da nord a sud, può offrire.