Torino sul set

The Italian Job

Frenate gli ormoni. Se a pensando a The Italian Job vi sono venuti immediatamente in mente il muscoloso Mark Wahleberg o la prosperosa Charlize Theron (nonché il bravissimo Edward Norton), fate pure un passo indietro. Indietro di quarant'anni, per l'esattezza. L'Italian Job di cui parliamo noi è infatti il film del 1969 diretto da Peter Collinson, di cui l'altro (quello con Wahleberg e compagnia bella) è il remake. “Un colpo all'italiana” (con questo titolo venne distribuito in Italia il film del '69), vedeva il due volte Premio Oscar Michael Caine (per i più giovani, il maggiordomo Alfred di Batman nella trilogia di Christopher Nolan) e soci scorrazzare per le strade di Torino a bordo di tre Mini Cooper per seminare la polizia dopo una rapina ai danni della Fiat. Una produzione internazionale quasi interamente girata a Torino, cinquant'anni fa, era un evento senza precedenti. La critica cinematografica è un terreno nel quale non vogliamo addentrarci, in questo momento. Non siamo quindi qui a suggerirvi di riprendere in mano la pellicola inglese diretta da Peter Collinson. Anche perché, diciamocelo, a tratti è una vera macchietta dello stereotipo dell'italianità all'estero, come in una scena che è una lunga carrellata di luoghi comuni (provate a contarli!): durante un infinito ingorgo causato da una partita di calcio, c'è chi trova il tempo per fare il provolone con la fanciulla della macchina accanto, chi gioca a carte, chi improvvisa un banchetto nell'abitacolo di una 500 (trovando lo spazio chissà come) bevendo vino da un fiasco e mangiando a quattro palmenti. Mancano giusto la pizza e il mandolino, e poi il quadro è completo. Frenate però l'orgoglio nazionale in difesa dell'italianità (in fondo in fondo, siamo davvero quelli che per lo spuntino lungo la strada si porterebbero la parmigiana di melanzane), e indirizzate invece  quell'orgoglio nel vedere la nostra città utilizzata come meraviglioso sfondo della corsa mozzafiato delle Mini Cooper. Mica una piccola comparsata, sia chiaro: Torino ha un ruolo da vera protagonista, con decine e decine di scene che la mostrano in tutta la sua bellezza. Vale dunque la pena di fare un giro per la città, ripercorrendo le zone che fecero da location a quel film e sfruttando l'occasione per visitare dei veri luoghi dello star system a due passi da casa. La corsa delle tre automobili parte da una location forse un po' difficile da individuare. All'inizio della loro fuga, infatti, le tre macchine si trovano all'interno del palazzo in cui erano nascoste. Nella migliore delle tradizioni cinematografiche, la logica viene totalmente sopraffatta e messa al servizio della spettacolarità: non si sa dunque perché le Mini fossero nascoste all'ultimo piano e non al piano terra. Per uscire e iniziare la loro corsa, quindi, devono ovviamente scendere le scale (un ascensore sarebbe stato troppo poco scenografico). Ma non stiamo qui a fare i pignoli. Le Mini arrivano all'uscita passando nientepopodimeno che sulla scalinata di Palazzo Madama, opera settecentesca dello Juvarra. Non saltate sulle sedie, voi tutori dei beni artistici e architettonici della città: furono ovviamente prese tutte le precauzioni del caso a salvaguardia dell'opera juvarriana. Per non danneggiarla durante le riprese, infatti, vennero posti sui gradini assi di legno compensato, ricoperti da uno spesso telo di iuta. Scalone salvo, dunque, e macchine in fuga a cielo aperto. Se Torino doveva essere, come non utilizzare uno dei patrimoni architettonici più caratteristici della città, ovvero i suoi infiniti portici (lo sapete che ne abbiamo oltre 16 km)? Immaginatevi (ma immaginatelo e basta, per carità!) come deve essere andare a tutta velocità sul lucidissimo e scivoloso lastricato di marmo di via Roma: scommettiamo che a ogni provetto automobilista sarebbe piaciuto essere nei panni degli stuntmen di The Italian Job, che fecero sfrecciare le loro Mini Cooper tra via Roma e piazza Vittorio, in mezzo ai dehors dei bar e sotto le luminose insegne pubblicitarie tipiche dell'epoca. Un breve passaggio poi anche in Galleria Subalpina (quella tra piazza Castello e piazza Carlo Alberto) e in Galleria San Federico (quella a lato di via Roma). Dopodiché, le tre automobili (inseguite da una motocicletta della polizia) sono protagoniste di una vera entrata trionfale: eccole che sbucano ai lati di una delle chiese più scenografiche di Torino, la Gran Madre. Da qui, si lanciano in una rocambolesca discesa della scalinata della chiesa, tagliando la strada a un corteo nuziale che proprio in quel momento stava percorrendo la gradinata. Da notare che gli sposi, incredibilmente, non si scompongono quasi per nulla al passaggio delle tre automobili, e continuano a scendere le scale preceduti dai fotografi. Forse si intende proprio questo, quando si dice che l'amore rende ciechi. Dopo aver seminato qualche auto delle forze dell'ordine in un gigantesco ingorgo in piazza Vittorio (composto da una buffa sfilata di 500, visto che la Fiat intuì il potenziale commerciale del product placement in quel film, pur non riuscendo a far sostituire le Mini Cooper), le tre macchine salgono su una rampa lasciata lì dai lavori in corso e si ritrovano in cima alla volta di 23 metri d'altezza del Palazzo a Vela, sopra la quale (non si sa bene come né dove) riescono a nascondersi e a ingannare come un fessacchiotto un povero poliziotto italiano. D'altronde, la produzione spiegò chiaramente come il film dovesse rappresentare uno scontro tra inglesi e italiani: si doveva dimostrare che loro erano intelligenti e noi sciocchi. Ecco perché, nonostante la somma di 50 mila dollari proposta dalla Fiat, l'inseguimento avvenne a bordo delle Mini, che seminarono una a una le concorrenti italiane guidate dalla polizia. In questa pazzesca gara automobilistica per le strade di Torino, non poteva di certo mancare la location da corsa più scenografica che la città avesse da offrire: un'occasione unica per girare a tutta velocità sulla vetta di un palazzo. Niente come la pista del Lingotto si dimostrava adatta alle riprese. Quale altra città, infatti, poteva offrire una pista ad anello, con due curve paraboliche studiate in modo da essere effettuate a una velocità si 90 km/h (ai tempi della progettazione la velocità di punta delle automobili era 70 km/h), il tutto con vista sulle Alpi? Infine, prima di abbandonare Torino, le Mini Cooper decidono di prendere un po' di fresco lungo le rive del Po. D'altronde, si tratta di una macchina pensata per i giovani: quindi non poteva mancare nel giro turistico di Torino una tappa ai Murazzi. Le immagini delle macchine che si trovano a rincorrersi tra un dehors e un ombrellone posizionati sul lungo fiume, tra l'altro, mostrano che la movida era già ben presente da quelle parti negli anni Sessanta, e che l'idea di “Murazzi beach” forse non è così assurda come sembrava. Ma anche qui, il cinema fa le cose per bene, e se Po abbiamo detto Po deve essere fino in fondo. Le Mini non si limitano infatti a correre lungo le bachine del fiume, ma ci entrano addirittura dentro, correndo a filo d'acqua (ben prima che Magnolia facesse camminare una macchina sulle acque della nuova edizione dell'Isola dei famosi, verrebbe da dire). Queste immagini spettacolari regalano una delle viste più belle della nostra città, con la collina e il Monte dei Cappuccini a fare da sfondo alle automobili dei rapinatori che si fanno strada in mezzo agli spruzzi d'acqua lungo la diga dei Murazzi. Qui si conclude il giro delle Mini di The Italian Job. Se vi abbiamo incuriosito, andate ad affittarvi un dvd. O, più semplicemente, uscite di casa e girate per la nostra bellissima città, fingendo di fuggire dalla polizia in una fuga in stile anni Sessanta. Vi sembrerà di essere sul set di una mega produzione cinematografica.