Teatro Gobetti: in scena "Non mi pento di niente"

Martedì 19 aprile 2022, alle ore 19.30, debutta al Teatro Gobetti di Torino Non mi pento di niente, testo del drammaturgo rumeno CsabaSzékely, tradotto da RobertoMerlo. La regia è di BeppeRosso, che sarà in scena insieme 
LorenzoBartoli e AnnamariaTroisi.

Csaba Székely, uno dei più importanti drammaturghi romeni contemporanei, ci porta nella vita di un ex colonnello della polizia di regime. Gravato da un passato violento, macchiato da azioni ignobili compiute per pura ideologia, oggi si ritrova da solo, abbandonato dalla figlia e ricattato dai nuovi servizi segreti con modalità violente, che non riesce a sopportare. Un “noir” capace di combinare humour e tragedia e trarre forza proprio dalla commistione degli opposti, ma anche una penetrante riflessione sull’impossibilità di cancellare il passato e l’influenza spietata che esso esercita sul presente. Lo spettacolo apre uno spiraglio di comprensione sul mondo dell’Est, così europeo e contemporaneamente così distante. 

L’allestimento segue linee di essenzialità con pochissimi oggetti indispensabili. Il tutto per escludere un inutile naturalismo e lasciar spazio alle azioni emotive che percorrono i personaggi e a quella dimensione di tragico paradosso insita nel testo.
Una scelta minimalistica per rimarcare il senso di tensione continua che è la cifra stilistica della pièce, una tensione tra i personaggi ma anche nello stesso gioco di svelamenti e rivelazioni, che cambia continuamente la geografia drammaturgica e rimette tutto in discussione. Un’essenzialità che inevitabilmente richiama la tragedia greca dove il fato e gli errori commessi sovrintendono alle vite dei tre personaggi. Si individuerà anche una tessitura acustica di suoni e rumori che accompagnerà lo spettatore, involontario testimone della caduta delle maschere, quasi come se spiasse da una finestra della casa del colonnello Dominic.
Ed è anche una vicenda umana universale e toccante di un uomo alle prese con il proprio passato a cui non può sfuggire. È un testo che, partendo da una situazione individuale, apre ad una dimensione di conflitto sociale più esteso dove i grandi cambiamenti annunciati non sempre sono veri e portano sottopelle tracce indelebili del passato.
Székely si rivela autore raffinato e innovativo, capace di indagare l'animo umano nelle sue molte
sfaccettature, dove la colpa individuale alla fine trova la giusta punizione e la giusta collocazione nel cosmos, con connotazioni e risvolti che fanno pensare a Dostoevskij e dove la Storia interviene nella vicenda quasi come una presenza immanente. È, infatti, la Storia a dettare le regole delle azioni: di ciò che è stato e di ciò che è.

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